[vc_row row_type="row" use_row_as_full_screen_section="no" type="full_width" angled_section="no" text_align="left" background_image_as_pattern="without_pattern" css_animation=""][vc_column][vc_column_text]Di nuovo conseguenze della siccità, in questo caso positive.

Di questi tempi, infatti, le api sono costrette dalla mancanza di fiori, visto che non piove, a produrre un miele con caratteristiche interessanti.

Non trovando il nèttare, cioè quella secrezione zuccherina di cui i fiori sono i loro fornitori, devono rivolgersi ad altro per nutrirsi e produrre le scorte di miele.

Parcheggiando sotto un tiglio, di questi tempi, non è infrequente ritrovarsi la carrozzeria imbrattata da gocce di una specie di melassa densa. Il tiglio e altri alberi infatti sono colonizzati da afidi e altri insetti che hanno bisogno di succhiare molta linfa per nutrirsi. Devono succhiarne molta perchè ne devono estrarre sostanze azotate, aminoacidi, che sono presenti solo in minima parte nella linfa. Il loro apparato digerente, allora, filtra la gran quantità di linfa di cui si ingozzano, trattengono quello che serve e fa emettere all'ano una gran quantità di succo di scarto, ricco di zuccheri e altre componenti interessanti, che poi forma gocce che cadono a terra o bagnano la pianta o vengono, come si vede spesso, usate dalle formiche e, il caso nostro, anche dalle api.

In questi mesi di siccità, allora, le nostre api, che di solito usano in prevalenza i fiori, sono costrette ad interessarsi a questa secrezione: la "melàta".

Esistono mieli addirittura quasi totalmente prodotti da melata, ad esempio dalle api dei boschi (famoso il miele della foresta nera).

Sono mieli che hanno molti pregi: minor tasso zuccherino e quindi indice glicemico inferiore, e maggiore presenza di potassio, magnesio, calcio, ferro e polifenoli. E non mancano anche batteri probiotici.

Gli afidi e gli altri insetti che si nutrono della linfa non potrebbero sopravvivere su piante trattate con antiparassitari, ed anche questo è positivo, perchè automaticamente ne salvaguarda anche il miele.

Il miele che proponiamo, in queste settimane di sole cocente, è appunto "abbronzato" anch'esso. Il nostro conferitore ci ha fornito un lotto di millefiori più scuro del solito proprio per la presenza della melata che si mischia al normale miele di nèttare.

Al gusto è leggermente meno dolce, ricchissimo di fragranze lignee, quasi come un vino barricato ma senza l'intensità amarognola della vera melata o magari del miele di castagno, e una persistenza gradevolissima che non si tramuta subito totalmente in sensazione acidula (per la formazione in pochi minuti di acido lattico, fra l'altro cariogeno, dei più abbondanti glucidi del miele di nettare) ma permane sotto la veste di gusti floreali e resinosi. Si capisce che a me è piaciuto.

Il nostro prezzo necessariamente deve aumentare, perchè il conferitore ha una produzione molto più scarsa per la siccità, ma pensiamo che l'aumento di prezzo sia ripagato abbondantemente dalle sue caratteristiche, ed in ogni caso non abbiamo voluto salire più su di mezzo euro in più, per non lasciare..."amaro in bocca"![/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]"Nella foto: il miele "abbronzato" con accanto il miele "viso pallido" (quello normale da nettare) entrambi del nostro conferitore"[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row row_type="row" use_row_as_full_screen_section="no" type="full_width" angled_section="no" text_align="left" background_image_as_pattern="without_pattern" css_animation=""][vc_column][vc_column_text]Ero immersa fra le carte dell’archivio storico della Repubblica di San Marino e mi cade l’occhio su un fascicolo dalla grafia curata. E’ il verbale della causa fra un monastero e alcuni contadini che non vogliono oneri, vincoli, perché sono liberi. Ma <<Che cos’è la libertà?>> chiede il giudice. <<L’uomo nasce libero -risponde Marino da Montecucco- e possiede il suo. E di ciò non è tenuto ad alcuno se non al Signore nostro Gesù Cristo>>. Siamo nel 1296 e  mi appare stupefacente la lucidità di questa definizione liberista in piena cultura medievale, quando la povertà è una virtù e la ricchezza un vizio da farsi perdonare, quando è un dovere morale e giuridico aprire le proprie terre agli usi civici per spigolatura, legnatico e pascolo fra le stoppie. Marino invece si sente padrone e signore  di ciò che possiede,  rifiuta i vincoli di responsabilità verso  poveri e nullatenenti, scioglie i legami con la comunità, con le istituzioni e le loro richieste e direttive.

Mi porto in testa la risposta di Marino per tutto il corso della mia ricerca sulle risorse e il governo dell’ambiente in questa piccola repubblica che ha la parola libertas nel suo stemma e accoglie gli stranieri alla frontiera con la scritta <<Benvenuti nell’antica terra della libertà>>.  E senza quella risposta tanti dati ambientali e sociali che stavo raccogliendo sarebbero rimasti senza spiegazione: perdita del manto forestale già nel Seicento, sterile il 20% del suolo agrario un secolo dopo; 459 ettari, pari all’estensione dei terreni di 100 piccoli proprietari, resi inutili da dilavamenti e frane nel 1825; 1000 ettari di calanchi, cioè il 17% dell’intera superficie dello Stato, all’inizio del Novecento, quando l’80% delle case sono lesionate per movimenti franosi. Gino Zani, un ingegnere consapevole che vorrebbe privati meno forti e Stato meno debole annota: <<La repubblica di San Marino  è un punto trascurabile sulla superficie della terra. Ma se gli altri Stati possedessero lo stesso territorio, povero e in avanzato stato di erosione, l’umanità sarebbe condannata alla fame>>. Ed io, oltre alla risposta di Marino, mi porto in testa questa domanda: <<Che fine avrebbero fatto i sammarinesi se, consunti dalla miseria, a fine Ottocento non avessero potuto  emigrare  verso le Americhe e se, con l’industrializzazione dell’Italia, non fosse giunto il turismo di massa?>>. Forse- penso- la stessa fine degli abitanti dell’isola di Pasqua.

Olimpia Gobbi[/vc_column_text][vc_row_inner row_type="row" type="full_width" text_align="left" css_animation=""][vc_column_inner][vc_empty_space][vc_column_text]Didascalie foto:

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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row row_type="row" use_row_as_full_screen_section="no" type="full_width" angled_section="no" text_align="left" background_image_as_pattern="without_pattern" css_animation=""][vc_column][vc_column_text]

Chi semina raccoglie. I primi passi dell'annata 2017

[/vc_column_text][vc_empty_space height="24px"][vc_column_text]Tra poche settimane Rocca Madre potrà proporre i primi prodotti della filiera dei cereali.

I nostri soci conferitori hanno mietuto tre tipi di frumento: grano duro "Senatore Cappelli" e il Miscuglio Piceno di Aleppo (il miscuglio finora chiamato "Ceccarelli" dal nome dell'ormai noto a tutti prof. Salvatore Ceccarelli) sia di grano duro che tenero.

Il Miscuglio di grano tenero, ha come destinazione naturale la farina (per pane e anche dolci o pasta fatta in casa). Abbiamo già sperimentato l'uso di questa farina fino a pochi mesi fa; si trattava del raccolto 2016, che abbiamo distribuito fra i soci come prima valutazione del prodotto. Il riscontro non poteva essere più positivo, e abbiamo esaurito alcune centinaia di chili in poco tempo.

Alla fine di Agosto potremo avere le prime confezioni del nuovo anno.

La molitura sarà effettuata presso mulini a pietra biologici, o a Moscufo (Pescara) o a Cingoli (Macerata), quest'ultimo ad acqua.

Questa molitura con pietre di grande diametro permette di ottenere farina con una bassa velocità della macina, e non sottoporla perciò a grandi aumenti di temperatura. Avremo perciò un prodotto che non avrà subito stress termici e che consumeremo fresco, per non far denaturare dal tempo le sue caratteristiche nutritive. Stiamo programmando moliture ogni 3 o 4 mesi al massimo.

Il grano duro Senatore Cappelli è invece destinato elettivamente alla pastificazione. Abbiamo programmato che la filiera in questo caso si completerà con la molitura della semola e la pastificazione presso due stabilimenti biologici abruzzesi che già sono noti. In particolare il pastificio Mennilli ci darà le migliori garanzie di una lavorazione di grande valore, con essiccazione lenta e trafilatura al bronzo.

Si tratta quindi di pasta prodotta con queste caratteristiche:

- semola di grano duro Senatore Cappelli in purezza (il top per la pastificazione)

- certificazione biologica di tutta la filiera: grano, mulino, pastificio

- trafilatura al bronzo e soprattutto essiccazione lenta.

Come saprete l'annata agricola è particolarmente ostile, con fenomeni che ancora creano grandi problemi. Prima la frequente anticipata fioritura, che ha visto poi le gelate di Aprile compromettere molte coltivazioni. Poi la grande siccità, interrotta a macchia di leopardo da violente grandinate. Ma la produzione cerealicola, laddove le piante hanno potuto evitare i danni di secca invernale, gelo e grandinate, ha avuto vantaggi dalla fortissima insolazione: così come avrete assaggiato frutta di grande dolcezza per la tanta energia solare immessa, così le spighe hanno prodotto chicchi di alto livello, soprattutto proteico.

Aspettiamo di vedere i risultati sulle nostre tavole.

Per chi volesse saperne di più sul Miscuglio, consigliamo il libro di Salvatore Ceccarelli "Mescolate, contadini, mescolate" ed. Pentàgora.

Per chi volesse saperne di più sul grano Senatore Cappelli, e anche sulle caratteristiche delle migliori paste, compresa l'essiccazione lenta, consigliamo l'articolo "Di che pasta sei?" di Gabriele Bindi, pubblicato sul n. di Aprile 2017 della rivista "Terra Nuova".[/vc_column_text][vc_empty_space height="24px"][vc_column_text]Didascalia foto 1:

Salvatore Ceccarelli con il nostro socio conferitore Pierluigi su un campo di miscuglio di Aleppo duro.

Didascalia foto 2:

Una varietà incredibile di forme, colori e dimensioni in una panoramica sul nostro miscuglio di Aleppo tenero, e non manca qualche chicchetto di orzo, infiltratosi anche lui a dare nel pane il suo gradito contributo di gusto.

Didascalia foto 3:

Il colore di sfondo del grano è oro puro. In mano a questo amico un mazzo di spighe di vari grani duri del miscuglio di Aleppo. Quando la spiga ha quei peli si dice "aristata".[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row row_type="row" use_row_as_full_screen_section="no" type="full_width" angled_section="no" text_align="left" background_image_as_pattern="without_pattern" css_animation=""][vc_column][vc_column_text]Con grande dispiacere e preoccupazione leggo dello sgombero della ex caserma Masini a Bologna, dove da cinque anni il collettivo Làbas aveva iniziato un'attività sociale multipla: alloggio, orti, mercato agrobiologico ("Campi aperti").

Nell'ex caserma io e alcuni altri soci di Rocca Madre abbiamo trascorso a primavera un'assemblea nazionale di Genuino Clandestino. Ci siamo confrontati in particolare sul tema dei beni comuni, condividendo la nostra esperienza di confronto con le istituzioni per le terre di Roccamontevarmine. Abbiamo fruito dell'ospitalità del collettivo in un ambiente laborioso di rispetto reciproco e pieno di proposte assolutamente pacifiche. Come assolutamente pacifica oggi è stata la resistenza non violenta degli attivisti del collettivo, nonostante già si possano leggere report che riferiscono di "tafferugli" di reazione, report completamente contraddetti dalle foto e dai video.

Posso testimoniare che quell'immobile è stato utilizzato da chi lo occupava con creatività e responsabilità, dando valore di bene comune vivo e attivo a un edificio altrimenti abbandonato. Alloggio per 34 persone fra cui 14 migranti, un mercato cittadino agroecologico settimanale, biblioteca, continui incontri di varie attività culturali nei cinque anni di attività.

Capisco le reazioni degli abitanti bolognesi del quartiere: "E' un lutto, il quartiere perde una realtà sociale unica" (da "bologna.repubblica.it").

Leggo con amarezza i soliti commenti violenti e intolleranti di tanti webeti.[/vc_column_text][vc_empty_space height="24px"][vc_column_text]Mario Carini[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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Grande festa in occasione dei 10 anni della Casa di Mattoni tanti eventi dal 24 giugno fino al 2 luglio. Ci incontriamo per scambiare esperienze in nome della comunità locale aperta. Come cooperativa di comunità Rocca Madre intervengo all’incontro del 30 Giugno 2017 presso la sede della Casa di Mattoni. Ci confrontiamo sul tema “Comunanze, Comunità e Beni Comuni” coordina Licia Caligola referente Casa di Mattoni. Lucia Bianco, del Comitato redazione Animazione sociale, interviene su “Maneggiare pensieri per non consumare il mondo”, Io, per Coop agri Rocca Madre, affronto il tema “Altre economie che sanno educare il territorio”.
Per provocare uno scambio che fosse operativo in vista di future alleanze, ho narrato, agli operatori e amici, l’esperienza Rocca Madre facendo emergere alcune scelte e strumenti da perfezionare insieme. La discussione più che sugli strumenti si è focalizzata su alcune rotte per incorporare benessere sociale:

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Ci rivedremo a breve per discutere di strumenti e di processi da attivare

[/vc_column_text][vc_column_text]Mary Pazzi per Rocca Madre[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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